mercoledì, ottobre 31, 2007

Cosimo Piovasco di Rondò

Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l'ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi. Eravamo nella sala da pranzo della nostra villa d'Ombrosa, le finestre inquadravano i folti rami del grande elce del parco. Era mezzogiorno, e la nostra famiglia per vecchia tradizione sedeva a tavola a quell'ora, nonostante fosse già invalsa tra i nobili la moda, venuta dalla poco mattiniera Corte di Francia, d'andare a desinare a metà del pomeriggio. Tirava vento dal mare, ricordo, e si muovevano le foglie. Cosimo disse: - Ho detto che non voglio e non voglio! - e respinse il piatto di lumache. Mai s'era vista disubbidienza piú grave.
Italo Calvino " il barone rampante" Einaudi, Torino, 1957

Takasugian ("Troppo alta") Chino, Nagano Architetto: Terunobu Fujimori
(copyright Michael Freeman)

venerdì, ottobre 26, 2007

bustina



“La poesia non é meno misteriosa degli altri elementi dell’universo.
Questo o quel verso fortunato non può insuperbirci,
perché é dono del Caso o dello Spirito; solo gli errori sono nostri.”
Jorge Luis Borges “Elogio dell’ombra”
Einaudi 1971


Mi hanno riferito una frase di Paul Valèry che vi trascrivo così come l’ho sentita: tutto ciò che ho fatto lo considero niente se non ha raggiunto la perfezione.... ho cercato di rintracciare la frase esatta inserendola in Google ma non ho avuto fortuna. Come spesso capita con questo tipo di ricerche (internet è fantastica per confortare una memoria sempre più labile di fronte a urgenti curiosità) mi é sembrato comunque di intravedere frammenti della questione che quella frase anche se mal riportata mi interessava è cioe il manicheo dividere l’essere o non essere di un’azione, di un progetto attraverso il paramentro della perfezione e il suo conseguente valore o non-valore. Ad una sorta di gelo provocatomi da quella frase la mia risposta istintiva é stato contrapporre il concetto dell’humanitas e cioè da Scipione il Giovane a Cicerone il concetto con cui si intendeva la qualità che distingue l’uomo non solo dagli animali, ma ancor più da colui che, pur appartenendo alla specie umana, non merita il nome di “homo humanus”; in altri termini, la qualità che lo separa dal barbaro o dall’uomo volgare, ai quali mancano pietas e paideia, cioè il rispetto per i valori morali e cultura ed educazione. Ora senza addentrarmi in temi che la mancanza di spazio ma sopratutto la mia ignoranza mi impedisce di articolare quello che mi interessava era trovandomi in pieno disaccordo con quella frase (o comunque con il senso a me riportatomi) aggiungere all’Utilitas, Venustas, Firmitas che secondo una mia lettura romantica della frase di Valèry potrebbero aspirare al gelo della perfezione l’humanitas che quel gelo scioglie e rende vita palpitante. Mi sembra che uscendo dal campo dell’architettura che considero parte non divisibile dall’intero delle attività umane la questione della perfezione é lo specchio dalla volontà che vedo intorno a me di annullare la complessità sostituendola con la ricerca di un evento miracoloso e perfetto appunto: la vincità di una lotteria, l’avvento dell’uomo forte e per dirla con Eugenio Scalfari: Il più vivo desiderio delle masse, cioè dell’individuo ridotto a folla e a massa, è di essere de-responsabilizzato. Vuole questo. Vuole pensare e prendersi cura della propria felicità delegando ad altri il compito di pensare e decidere per tutti. Dividendo quindi tutto ciò che é perfetto dal resto definito come “niente” si nega la possibilità al “tendere” si erigono glaciali torri d’avorio tramutando una professione di umiltà in uno snobistico eremitaggio ma sopratutto facendo si che quelle torri d’avorio siano l’agognata meta per le masse del presunto “niente” e rinunciando a mettere mani alla costruzione di mondi possibili giocando la difficile partita del quotidiano, dell’imperfetto dell’altro da noi, a svilluppare per dirla con Roland Barthes: “tecniche diverse destinate a fissare la catena fluttuante dei significati, in modo da combattere il terrore dei segni incerti… “





mercoledì, ottobre 24, 2007

auguri maestro


Bruno Munari 24 ottobre 1907

"Un giorno sono andato in una fabbrica di calze
per vedere se mi potevano fare una lampada.
- Noi non facciamo lampade, signore.-
Vedrete che le farete. E così fu."
(Bruno Munari, a proposito della lampada Falkland)

venerdì, ottobre 19, 2007

mercoledì, ottobre 17, 2007

nino



Quello che accade,
accade non tanto perché una minoranza vuole che accada,
quanto piuttosto perché la gran parte dei cittadini
ha rinunciato alle sue responsabilità e
ha lasciato che le cose accadessero"

Antonio Gramsci