martedì, gennaio 16, 2007

un nuovo anno inizia con la "bustina"



A quel tempo, cercavo i tramonti, i sobborghi e l’infelicità;
ora i mattini, il centro e la serenità.
Jorge Luis Borges: Prologo a “Fervore a Buenos Aires” - 18 agosto 1969

Non so se qualche lettore ricorda l’ultima bustina, ma se così dovesse essere, questi ricorderà che terminava con la parola “continua” messa tra parentesi come nei romanzi d’appendice con i suoi tre bei puntini di sospensione come regola vuole. mi scusera quindi questo lettore nel momento in cui li comunico che ho appena sostituito la parola continua con la parola (pausa) anche questa tra parentesi ma senza puntini. Ho urgenza di scrivere della Biennale di architettura appena conclusa a Venezia. Non pensiate ad un pistolotto critico sociale antropologico sul mondo che verrà, voglio raccontarvi d un padiglione solo, di una mostra intitolata: Otro Mundo Es Posible (un’altro mondo é possibile). Poche fotografie a tutta parete e due testi scritti su un pilastro come steli di civiltà. Il primo testo era di Juan Pedro Posani, curatore della mostra e l’altro di Farruco Sesto attuale ministro della cultura del Venezuela. Ora io non so se a scuola si fa ancora il commento al testo nel leggere l’ Iliade o l’Odissea (mi chiedo, anche, se si leggono ancora o se sono stati sotituiti dalle memorie di Costantino (Vitaliano) o dalla biografia di Maria (De Filippi)) ma sarebbe bello come nostro esercizio fare la parafrasi e leggere e rileggere questi due testi. Stamparli con molto spazio intorno e riempire la pagina di domande, note, disegni tentando di fare del testo architettura. Cercarne il senso forse anche del nostro mestiere. Ritrovare l’importanza della pausa di fermarsi a pensare per forse capire che i nostri gesti quotidiani determinano molto più dell’immediato riscontro, il che non significa essere presuntuosi ma ritrovare umilmente il valore del rispetto e dell’altro.Io ve li trascrivo senza commento sperando ne sentiate come è successo a me l’umiltà, la dignità, la spinta etica, la necessità e non ultima la forza poetica. Con questo vi lascio mentre fuori dalla finestra si accende una luminaria a forma di stella e le vie si ingrossano di poveri greggi che si muovono ipnoticamente alla ricerca dei regali per natale.
Ma ora ecco il testo di Juan Pedro Posani:

«Cerca di capire: le nostre città nascono da una società differente. Non possiamo imitarvi. Il nostro mondo (il terzo) è differente. Altre radici ed altro destino. Le vostre ricette, che sono le ricette dello spettacolo, non ci servono. Quindi lasciateci correggere, alla nostra maniera, i nostri errori e le conseguenze delle nostre aggressioni. Non giudicateci senza prima capirci. Nel futuro chissà che non possiamo perfino insegnarvi qualche cosa.»

E questo è quello di Farruco Sesto:

«Questa è l’ora dolce quando il giorno nasce. Superato già il tempo scuro della notte, in mezzo alla gente che si sveglia nella città di tutti, per noi, architetti del Venezuela boliviariano, è inconcepibile una architettura che non si ribelli ad ogni ignominia. Architettura per delineare, proporre e raggiungere la creazione di spazi contro l’esclusione, per le libertà, per l’uguaglianza, per ottenere quella giustizia essenziale ed assoluta che non può attendere oltre. La città sta lì, con il suo corpo pieno di cicatrici. Ci parla con le voci di innumerevoli generazioni. Ci appartiene e gli apparteniamo. Con lei e per lei lavoriamo senza riposo con questa nuova luce: è l’ora dolce quando il giorno nasce.»

Antonio Minervini